Spiral Tribe e il movimento Crusty-Raver, 1991-1997

[Tratto da "Generazione Ballo/Sballo" di Reynolds Simon]

Sono le undici di un sabato sera del maggio '92. Stiamo percorrendo una strada di campagna in una località imprecisata della regione occidentale dell'Inghilterra, quando il traffico, la cui intensità è anormale per non dire sospetta - si arresta di colpo. Qualcuno là davanti si è fermato per pisciare. Improvvisamente, da quasi tutte le macchine, saltano fuori ragazzi per fare la stessa operazione.

E un'immagine che non dimenticherò mai: illuminati dalla luce di un centinaio di fari, innumerevoli archi di urina diretti verso la siepe, a perdita d'occhio. Un'ora prima stavamo sfrecciando sull'autostrada, diretti al mio primo rave Spiral Tribe all'aperto.

Gli Spiral Tribe sono una risultante della fusione tra la scena rave e la subcultura "crusty" - i crusty sono anarco-hippy-punk che vivono in case occupate, così chiamati per i loro dreadlock aggrovigliati e per lo stile di vita post-apocalittico. Nella parte bassa della tipologia crusty troviamo i nullatenenti senza occupazione che vivono di elemosina. Il margine superiore della gamma è costituito da tipi più intraprendenti che organizzano party illegali, vendono droga o producono oggetti e vestiti artigianali.

I miei amici hanno conoscenze fra i Tribal e stiamo dando un passaggio a uno dei dj del loro clan. Ci sta parlando del "doets", una nuova droga che, a sentir lui, è un cocktail superpotente di speed, Lsd, Ecstasy e ketamina: una "bomba' che ti proietta in un trip di trenta ore, con "visioni meravigliose, ragazzi!". Poi mette una cassetta dell'Ep d'esordio di Spiral Tribe. Doet è un brano micidiale, una valanga di rumore con un ritornello istigatore: "Rush your fucking bollocks off!" (Date un taglio alle vostre stronzate!). È lo slogan Spiral Tribe dell'estate.

Progressivamente la nostra macchina è diventata parte di un convoglio formato da veicoli il cui numero cresce in misura quasi insopportabile, come aumenta il timore che la polizia possa impedire lo svolgimento del rave. La nostra destinazione è Castlemorton Common, un'area rurale pubblica del Worchestershire in cui quest'anno si svolge l'Avon Free Festival - che fa parte di quella dozzina o più di festival estivi frequenta ti dai "New Age travelers". Lo stile di vita nomade di costoro cominciò a diffondersi nei primi anni Settanta, quando carovane di hippy passavano l'estate vagabondando per il paese seguendo il circuito dei festival gratuiti. Gradualmente questi frammenti proto-crusty della controcultura originaria diedero origine a una sorta di economia neo-medievale basata su prodotti artigianali, medicina alternativa e intrattenimento: giocolieri, acrobati, guaritori, venditori di cibo, candelai, venditori di vestiti, gente in grado di fare tatuaggi e piercing, gioiellieri e spacciatori di droga. A metà degli anni Ottanta, quando l'occupazione abusiva di abitazioni divenne meno praticabile e il governo adottò misure restrittive nei confronti di coloro che chiedevano sussidi, molti crusty urbani, non sopportando più lo squallore della vita sedentaria, si diedero al nomadismo. Nonostante la persecuzione del governo e dei corpi di polizia locali, il movimento crebbe. Verso la fine degli anni Ottanta, alcune stime fissavano il numero dei "travelers" intorno alle 40.000 unità.

Al festival rock di Glastonbury del 1990, crusty e hippy ballavano al suono di sound system house e techno come Club Dog e Tonka, mentre fuori dal recinto del festival aveva luogo un braccio di ferro tra gli organizzatori e i "travelers" (abituati ad entrare gratis) che protestavano per il prezzo del biglietto troppo alto e rivendicavano la libertà di accampamento. Era l'anno in cui anche molti ravers - disgustati dai rave commerciali ed esosi - si orientavano sui festival gratuiti, nei quali la techno si stava gradualmente sostituendo alla musica ascoltata precedentemente dagli hippy (il trance-rock cosmico di gruppi tipo Hawkwind, Here and Now, Magic Mushroom Band). Sound system a gestione collettiva, come il DiY di Nottingham, cominciavano a organizzare party a ingresso libero in campi d'aviazione abbandonati o in cima alle colline, radunando una folla mista, formata da ravers urbani e guerrieri crusty da strada.

Quelli di Spiral Tribe stabilirono i primi contatti con i travelers nell'estate '91 e diventarono rapidamente i principali animatori della loro scena, richiamando anche migliaia di ravers urbani ai loro party organizzati in cave abbandonate. Gradualmente gli Spirai - insieme a gruppi analoghi provvisti di sound system come Bedlam, Circus Warp, Techno Travelers e Circus Normal - fecero fermentare una particolare simbiosi tra la scena rave pura e i nomadi anarco-hippy. Quelli che partecipavano ai rave hardcore durante il week-end garantivano un flusso di denaro guadagnato lavorando nel mondo "normale", mentre i traveler fornivano un contesto all'interno del quale darsi allo sballo. Si crearono tensioni, inizialmente: alcuni traveler più anziani, abituati al folk e all'acid rock, non gradivano la nuova colonna sonora nella quale erano ormai prevalenti le sonorità aspre della techno. Era inoltre inevitabile che ci fosse una certa diffidenza reciproca causata da differenze di vedute, stile di vita e aspetto: i traveler con i loro dreadlock e porzioni di cranio rasate, le giacche di canapa, le tute mimetiche, gli anfibi Doc Martens e piercing a tutto spiano; i raver d'estrazione middle-class vestiti alla moda; i proletari 'ardkore in pantaloni comodi e maglietta. Tra raver e traveler, una volta scoperto un terreno comune costituito da droga, ballo e desiderio di ritagliarsi un proprio momento di sballo, si formò quella che il critico culturale Lawrence Grossberg chiama "convergenza d’inclinazioni". L'inclinazione in questione è rappresentata da un inebriante senso di libertà combinato con la convinzione che la libertà non ha valore se devi pagare per ottenerla.

Intanto io e i miei amici, percorrendo le strade della Regione Occidentale, ci rendiamo rapidamente conto che il raduno di Castlemorton rappresenta il punto più alto dell'alleanza crusty-raver. I precedenti party organizzati da Spiral Tribe avevano richiamato un numero di partecipanti sulle quattromila-seimila unità. Ma, una volta arrivati in prossimità del villaggio ormai immerso nell'oscurità, risulta immediatamente evidente che l'evento è di portata superiore alle più ottimistiche aspettative. Grazie al prolungamento del week-end consentito dal lunedì "Bank Holiday" e al clima eccezionalmente favorevole, Castlemorton è avviato a diventare il più grande rave illegale di tutti i tempi - con i calcoli che variano tra le venti e le quarantamila presenze.

La prima sorpresa è costituita dalla scarsa presenza di polizia. Incontriamo solo un paio di gioviali agenti che ci indirizzano verso un'area di parcheggio più sicura, nel timore che "la vernice della carrozzeria possa essere graffiata dal passaggio di qualche grosso pullman". La scena offerta da quella notte di mezza estate evoca un'immagine a metà strada tra un accampamento medievale e un villaggio di baracche da terzo mondo. Le vie d'accesso sono ostruite da roulotte, autobus, veicoli ex-militari, carri da traino dipinti con colori sgargianti e da centinaia di automobili (camminando nell'oscurità quasi totale, continuo a sbattere i fianchi contro gli specchietti retrovisori). Sui prati sono accalcati alla rinfusa tende, padiglioni e sculture fluorescenti dall'aspetto misterioso.

Il senso di medioevo/terzo mondo è accentuato dall'atmosfera da bazar. Spacciatori propongono merce illecita, gridando "fatevi un acido" o "pasticcini all'hashish", e mostrando ai passanti pasticche di speed, torte ai funghi magici e innumerevoli marche di Ecstasy. L'aspetto più medievale della faccenda, come scopriremo in seguito, è rappresentato dalla assenza totale di sanitari. Se ci si aggira all'interno del perimetro del campo, è necessario camminare con grande cautela per evitare di calpestare gli escrementi. Un grosso cartellone raccomanda "Seppellite la Vostra Merda", ma, a differenza degli esperti traveler, i raver metropolitani non sono provvisti di vanga.

Dopo avere arrancato nelle tenebre per un tempo che mi è parso una piccola eternità, finalmente arriviamo al quartier generale degli Spiral Tribe, costituito da furgoni e camion disposti in cerchio sul genere degli accampamenti di carovane nel selvaggio West; all'interno del cerchio è l'erba il pavimento della "pista da ballo". La partecipazione all'evento è gratuita, in osservanza del credo Spiral Tribe "niente denaro, niente ego", ma i ravers sono invitati a offrire un contributo per far funzionare i generatori. All'interno del circolo, la scena evoca un raduno pagano. La folla, percorsa da movimenti di danza ondulatori, sembra essersi trasformata in un unico organismo pulsante. Le facce sono deformate da espressioni a metà strada tra l'orgasmo e il singhiozzo. È venuto anche per noi il momento di "sintonizzarci" - secondo l'espressione usata dagli Spiral - e ci procuriamo alcune dosi di Tangerine Sunsets, acquistate a quindici sterline a pasticca nel retro di un furgone.

Ballando sotto le stelle, è difficile resistere alla suggestione di quel romantico ritorno alla natura, parte integrante del credo mistico-ecologico Spiral Tribe, sintetizzato dalla parola d'ordine "terra-technic", che auspica un uso della tecnologia tendente a scatenare l'energia primigenia della Madre Terra. Stanotte, effettivamente, mi sembra che la pulsazione subsonica dei bassi trasmessi dal sound system stia mettendo le mie viscere in diretto collegamento col centro della terra.

Verso le 4.30 del mattino, la grigia luce che annuncia l'alba svela una scena magicamente sospesa tra l'idilliaco e l'apocalittico. Le stupefacenti alture delle Malvern Hills, velate di nebbia, si presentano alla vista di migliaia di occhi irritati. Ma ai piedi delle Malvern, la scena nell'area del festival è qualcosa che offende la vista. Esausti ballerini si accalcano rabbrividendo attorno a piccoli falò per difendersi dalla fredda umidità. Cani denutriti vagano indisturbati. Tipi dall'aria stravolta si aggirano chiedendo cartine da sigarette per un joint; altri fanno colletta per comprare un'altra dose di Ecstasy.

Ci troviamo tutti d'accordo sul fatto che i Tangerine Sunsets fossero deludenti. Ci dividiamo un Rhubarb & Custard avanzato da un rave precedente: proprio quello che ci voleva per mandarci su di giri. Sul mio fisico indebolito dalla mancanza di sonno e di cibo l'effetto è quasi istantaneo: provo la caratteristica sensazione di fluttuare nell'aria, come se nelle mie vene scorresse elio invece che sangue. Anche se la musica, sparata a massimo volume da un impianto inadeguato, risulta aspra e distorta, vengo trascinato in un vortice di sfrenata euforia. Uno degli amici presenti, in seguito mi ha raccontato che ballando emettevo veri e propri grugniti!

C'è un'immagine che per me riassume l'esperienza di Castlemorton: una bella ragazza, dalle fattezze vagamente androgine - capelli ricci neri tagliati corti, labbra dipinte di un rosso smagliante, occhiali da sole Ray-Ban, top senza maniche color burgundy - che balla sul tetto di un furgone. Le sue dita scavano e tagliano, scolpendo crittogrammi nell'aria e la sua bocca è corrugata in un'espressione imbronciata di indescrivibile, sublime impudenza. È totalmente, selvaggiamente in sintonia. Vive l'attimo e ne trae godimento.

Alle dieci il sole è già alto, la temperatura sta salendo e la nostra eccitazione si è trasformata in uno stato di euforica rilassatezza. Ci sdraiamo sull'erba. Un fotografo amico di un nostro amico, che probabilmente era venuto con l'intenzione di documentare gli avvenimenti nel loro pieno svolgimento, ha sonnecchiato per cinque ore. Si sveglia e brontola «Maledetto sonno!», mentre noi ci pisciamo sotto dal ridere. Tutto intorno la distesa di carne composta da corpi accasciati in pose catatoniche, si copre di bolle provocate dal sole rovente. Una coppia di smaliziati bambini crusty - di età non superiore ai quattro anni - si aggira per l'accampamento vendendo a un prezzo esorbitante pacchetti di cartine Rizla a raver sull'orlo della disperazione; alcuni membri del collettivo Spiral raccolgono i rifiuti della prima notte in sacchi per l'immondizia. Ogni tanto l'area è sorvolata da un elicottero della polizia in perlustrazione (più tardi, un crusty gli sparerà un colpo con una pistola lanciarazzi, provocando l'indignazione del pubblico). Verso mezzogiorno, disfatti, decidiamo che è ora di tornare a casa. Salutiamo e ripercorriamo il cammino verso la macchina passando tra corpi di raver e rottami.

Nei successivi cinque giorni della sua durata, il festival provocò interrogazioni parlamentari, occupò le prime pagine di tutti i quotidiani inglesi e gettò nel panico uri intera nazione, che si chiedeva angosciata quale sarebbe stata la prossima tappa dell'itinerario crusty. Giornali scandalistici come il Sun alimentarono le paure e il risentimento contro "l'esercito di relitti umani" composto da nemici del sapone che rubacchiano il sussidio di disoccupazione e se la spassano con i soldi dei contribuenti. Sul posto, a Castlemorton, la popolazione residente denunciava casi di steccati divelti per accendere fuochi, cani che mettevano in fuga greggi di pecore, crusty che defecavano nei giardinetti delle case o che cercavano di vendere pasticche di acido ai bambini. Ma soprattutto si lamentavano dell'incessante bombardamento di musica techno, che gli "faceva dare i numeri". «C'è qualcosa di ipnotico nel continuo, martellante battito di quella musica, qualcosa che porta all'esasperazione quelli che abitano nei dintorni» è la dichiarazione resa a un giornale da un quarantaduenne abitante del villaggio. Accusando la polizia del distretto di West Mercia di non essere stata in grado di impedire il rave e di avere "trattato con i guanti" i partecipanti al raduno, alcuni agricoltori locali formarono delle squadre di vigilanza.

L’ultimo giorno, mentre inspiegabilmente si attardano a ciondolare nei dintorni invece di svignarsela al più presto, tredici membri del clan Spiral Tribe vengono arrestati e diversi sound system sequestrati. Le forze di polizia delle zone rurali di tutta la Gran Bretagna cominciano a collaborare a un piano chiamato Operation Snapshot: la creazione di un massiccio database con i nomi dei capibanda e i numeri di targa dei veicoli dei raver e dei traveler. Viene messa in atto un'intensa campagna di sorveglianza e investigazione al fine di stroncare sul nascere ogni futuro raduno tipo Castlemorton. Inoltre il governo conservatore si accinge a dare il colpo di grazia alla scena dei party gratuiti: è in arrivo l'Atto di Giustizia Criminale e Ordine Pubblico.

Avevo incontrato per la prima volta gli Spiral Tribe qualche mese prima di Castlemorton, in un club "legale" chiamato Soundshaft col quale il clan aveva rapporti saltuari. Nel giro di pochi minuti venivo informato di fare già parte della "spirale" cosmica. Per una singolare coincidenza indossavo una maglietta degli Young Gods, gruppo cyber-punk incline all'uso dei campionatori. Al centro del disegno riprodotto sulla maglietta c'era una spirale luminosa; inoltre, sulle maniche erano raffigurate delle api, che ricordavano un recente rave Spiral Tribe in una fattoria, durante il quale si era rovesciato un alveare (nessuno era stato punto). Per una combinazione ancora più sbalorditiva, la fattoria si trovava nell'Hertfordshire, regione con la quale i Tribe affermavano di avere un legame speciale e nella quale avevo passato l'infanzia. I Tribe sorridono con aria maniacale, ogni coincidenza conferma la loro mistica visione del mondo. La sera seguente partecipo al mio primo party Spiral Tribe, in una desolata casa occupata del Nord-Est di Londra. Solamente cinque anni prima la colonna sonora di un party equivalente sarebbe stata costituita da dub reggae o da musica hippy tipo Gong. Ma stasera una spessa, palpabile trama di ritmi techno-voodoo freme nell'oscurità. Vorticosi raggi di luce esplorano i muri screziati da incrostazioni e muffa, illuminando i criptici simboli Spiral Tribe e rifrangendosi sulle volute di fumo sollevate dagli spinelli di ganja. In fondo alle scale, in una stanza adibita a camerino, componenti del clan Spiral sono raccolti attorno a una stufa a gas, confezionando joint. Qualcuno inala ketamina, una droga anestetica particolarmente in auge nella scena rave, presso il contingente psichedelico hardcore. I termini gergali che indicano la ketamina sono "baby food" (il consumatore cade in una sorta di beata, infantile inerzia) e "God" (alcuni si sentono avvolti da uno splendore paradisiaco e, se sono religiosi, si convincono d'aver incontrato il Creatore).

Una settimana dopo questo party, mi si presenta l'occasione d'intervistare gli Spiral Tribe alla fine di un altro evento, questa volta in un pub male in arnese. Al piano di sopra alcuni superstiti giacciono su sottili materassini, con lo sguardo perso nel vuoto. Sul muro qualcuno ha disegnato un pentagramma col numero 23 a un vertice. Il misterioso potere e la presunta onnipresenza del numero 23 fanno parte dell'eterogenea congerie di credenze mistiche cui gli Spiral Tribe aderiscono. È la somma della coppia di cromosomi che compongono il solenoide del Dna. Tutte le linee telefoniche di informazioni su Spiral Tribe contengono quel numero. Inoltre Castlemorton cominciò il 23 maggio.

Il portavoce degli Spiral Tribe, Mark Harrison, ha lo sguardo visionario del profeta. Dopo mezz'ora che parla a ruota libera, senza interruzione, sono ipnotizzato dal suo magnetismo. Comincio a capire il motivo del suo straordinario ascendente sui discepoli - tali devono essere considerati, anche se la linea del gruppo prevede l'assoluta assenza di gerarchia. A un certo punto del discorso un componente della tribù definisce Mark "il Secondo Avvento", ma viene immediatamente messo a tacere dall'occhiata di rimprovero dello stesso guru. Eppure, nonostante l'aura mistica che le circonda, una quantità sorprendentemente elevata di affermazioni di Mark e dei suoi accoliti hanno un senso. «Ci manteniamo nell'illegalità perché solo al di fuori della legge esiste una vita reale che vai la pena di vivere. La vera energia nella cultura rave deriva dai party illegali, dalle radio pirata e dai dischi con l'etichetta bianca che sfuggono al controllo dell'industria discografica. I rave sono fatti da gente che si costruisce la propria realtà. La scorsa estate abbiamo organizzato un party durato ininterrottamente per quattordici giorni. È un mito il fatto che è necessario dormire. Se stai sveglio cominci a scoprire i reali confini della realtà. Smetti di credere a tutte le cose che ti hanno fatto passare per vere, tutte le false realtà che ti hanno inculcato fin dalla nascita».

«Una volta, i gruppi rock dovevano vendere l'anima alle case discografiche per riuscire a mettere in circolazione un disco», interviene con sguardo impertinente Seb Vaughan, l'ex-studente di conservatorio responsabile di gran parte della techno stravolgente e mutante prodotta da Spirai Tribe. «Ma attualmente la tecnologia a buon mercato permette a chiunque di fare la stessa cosa. Basta paragonare la musica incisa sui dischi con l'etichetta bianca con la roba pubblicata dalle major: si può assaporare il gusto della libertà. Un tempo i gruppi di rock ‘n roll hanno avuto questa libertà, per un breve periodo, prima che tutto venisse omologato. L'industria discografica trasforma l'energia in denaro, in metallo inerte. Noi ci proponiamo di liberare questa energia imprigionata».

Gli Spiral Tribe, pur rendendosi conto che l'atteggiamento di molti ravers hardcore non è altro che l'ultima fase cui è giunta l'etica del "vivere per il week-end" tipica delle classi subalterne, affermano che spesso i partecipanti ai loro party hanno una sorta di illuminazione, lasciano il lavoro e abbandonano la vita irreggimentata per mettersi a viaggiare. Come molti altri gruppi millenaristi gli Spiral Tribe mescolano paranoiche teorie di cospirazione (come i Framassoni, gli Illuminati, etc.) con fantasie sul ritorno al Paradiso Perduto. «Se confronti la techno con la musica dei primitivi o delle culture non-occidentali», prosegue Seb, «scoprirai che questi generi di musica, come la techno, sono basati su armonia e ritmo, invece che sulla melodia. E questo l'aspetto stupefacente della rivoluzione house: tutti l'aspettavano ma nessuno lo faceva - attribuire a ogni elemento musicale una dimensione percussiva, anche alle voci. Sono tutte pulsazioni voodoo, provenienti dall'Africa. Con la nostra musica non cerchiamo di andare nel futuro, ma di tornare al punto in cui ci trovavamo prima che la civiltà occidentale ci fottesse tutti».

Spiral Tribe e il movimento dei party gratuiti rappresentano sotto molti aspetti la realizzazione delle profezie di Ha Kim Bey. Nei suoi visionari poemi in prosa Chaos: The Broadsheets of Ontological Anarchism e The Temporary Autonomous Zone, questo scrittore anarco-mistico invocava la rinascita di una nuova "cultura della festa" basata sull’"edonismo spirituale" e su forme di organizzazione tribale (Bey esalta "i clan... società segrete o iniziatiche" stigmatizzando il carattere claustrofobico della famiglia mononucleare). Il rave illegale, con la sua assenza di biglietto d'ingresso e di servizi di sicurezza, è un perfetto esempio realizzato di "zona autonoma temporanea" (TAZ). La TAZ è una fugace anticipazione di utopia, "un microcosmo del sogno anarchico” di una cultura “libera", il cui successo dipende dal suo carattere effimero. «La macchina da guerra nomade conquista senza farsi notare» scrive Bey; occupa «spazi in rovina e abbandonati» lasciati vacanti dallo stato, poi si disperde solo per riunirsi ed attaccare altrove. L'espressione "spazi in rovina e abbandonati" fa subito pensare ai campi d'aviazione fuori uso e agli edifici abbandonati occupati per qualche giorno o settimana dai traveler o i loro sound system. La cultura rave probabilmente corrisponde a quello che Bey definisce un "progetto spirituale”: la creazione o la scoperta di pellegrinaggi nei quali il concetto di santuario è stato rimpiazzato... dall'idea di esperienza al limite» - "un'esperienza al limite" che si deve applicare «sia a livello sociale sia sul piano individuale».

Al tempo della mia intervista quelli di Spiral Tribe avevano già promesso che quella del '92 sarebbe stata "l'estate più folle dopo quella dell’89", una conflagrazione ininterrotta di rave illegali e confronti con e autorità. Era stabilito che la miccia sarebbe stata l'evento Sound System City del 21 giugno: una convocazione di massa dei ravers per celebrare il solstizio d'estate, in un punto il più possibile vicino a Stonehenge (sede tradizionale dei festeggiamenti per il solstizio), compatibilmente col blocco predisposto dalla polizia nel raggio di quattro miglia attorno agli antichi monumenti di pietra.

Nella circostanza, le energie sottoculturali fomentate dagli Spiral Tribe sfuggirono al loro stesso controllo: “1-estate più folle" raggiunse troppo presto il culmine con Castlemorton e gli Spiral se ne assunsero i meriti e i biasimi. Da un lato, tredici membri del gruppo furono accusati ori varie imputazioni, compreso il disturbo della quiete pubblica, contrario alle leggi locali. D'altra parte, tutte le riviste musicali e i quotidiani nazionali fecero a gara per intervistarli e il gruppo firmò un contratto con l'etichetta dance Butterfly, il cui proprietario, Jaz Summers, era convinto che le fandonie crusty-raver potessero sfociare in un fenomeno sul genere del "punk", con gli Spiral Tribe come equivalente dei Sex Pistols.

Col denaro a disposizione i Tribe noleggiarono un enorme camion con rimorchio e un sound system da 23.000 Watt di potenza per la prossima sfida alle autorità, la più audace. Dato per scontato che la zona in torno a Stonehenge fosse impraticabile, decisero di alzare la posta e d tenere il megarave del solstizio proprio nel cuore della capitale. Sound System City si sarebbe svolto a Mudchute Farm - un parco pubblico nella zona nota come Island of Dogs, nella parte est di Londra, che si dice sia situata sulla linea del meridiano. Il rave sarebbe stato illuminato dalla luce intermittente che si trova alla sommità della sfortunata torre di Canary Wharf. Canary Wharf fa parte dell'abortito schema di sviluppo urbano dei Docklands, progettato come nuovo centro finanziario dell'intera Gran Bretagna e simbolo dell'arroganza del Partito Conservatore e del fallito boom economico di fine anni Ottanta. Ma lo stesso Sound System City sarebbe diventato un simbolo dell'arroganza di Spiral Tribe, primo e più grosso d'una serie di insuccessi che condurranno fatalmente al vergognoso venir meno dell'“estate più folle".

Ore 23.45, sabato 21 giugno: siamo arrivati troppo presto. Nelle vicinanze c'è solo un'altra macchina, col portabagagli pieno zeppo di bottiglie di acqua Evian; evidentemente i proprietari sono aspiranti i prenditori che si propongono di spegnere la sete dei partecipanti al raduno. Ci addentriamo nel prato stranamente deserto e tranquillo e stiamo per imbatterci in una squadra di perlustrazione dei Tribe; sono impegnati nel tentativo di forzare il lucchetto del cancello, per far penetrare all'interno del recinto di Mudchute Farm il mostruoso autotreno che trasporta l'impianto audio. Ci ordinano bruscamente di scomparire, per evitare di dare nell'occhio e destare sospetti nel vicinato. Ci dirigiamo a casa di un amico per un'ora, poi torniamo alla carica. Adesso principali vie d'accesso all'Isle of the Dogs sono bloccate dalla polizia che ordina di allontanarsi a chiunque non sia residente nella zona. Centinaia di ravers frustrati si aggirano disordinatamente sul marciapiede cercando di trovare il coraggio per forzare le transenne. Apprendiamo che il rave è cominciato: più di mille persone sono dentro, ballando tutto spiano, ma nessun altro riesce a raggiungere Mudchute.

C'è una tenue speranza: le due strade principali sono bloccate, ma c'è tunnel riservato ai pedoni che passa sotto il Tamigi e collega i Docks con Greenwich e la rimanente zona sud-est di Londra. Ci affrettiamo ad attraversare il fiume, ma è troppo tardi. Gli agenti piantonano l'entrata. «Attacchiamoli», suggerisce un crusty, ma nessuno si muove. In lontananza sentiamo il suono smorzato del sound system dei Tribe, ci tenta e ci tormenta coi suoi thud-thud-bum. Come anime in pena attraversiamo il Tamigi e, mentre percorriamo un tortuoso itinerario nelle strade secondarie del nord-est di Londra cercando disperatamente di trovare un modo per raggiungere l'Island of Dogs, maledicendo la scarsa accortezza strategica degli Spiral che hanno scelto un posto da quale si può accedere esclusivamente da due strade che si possono bloccare senza difficoltà. Verso l'alba, arriviamo a ottocento metri da Mudchute. Consultando una cartina, ci rendiamo conto che sarebbe impossibile raggiungere il rave attraversando i binari della Docklands Light way. Mentre cerchiamo un varco, arriva un furgone della vigilanza privata. Sconfitti, battiamo in ritirata. Più tardi apprendiamo che la polizia ha disperso agevolmente il raduno verso le 3.30 del mattino e che si sono verificati arresti; gli adepti Spiral più hardcore si sono diretti a nord, per unirsi a un party gratuito nel Leicestershire. L'estate '92 è un susseguirsi di rave abortiti; la rete investigativa predisposta dalla polizia è troppo efficiente, gli agricoltori locali spargono letame sui campi e schiere di traveler disperatamente infelici vengono sballottate avanti e indietro da una contea all'altra. Un rave Spiral nel Surrey, che pare si debba svolgere su un terreno privato e su invito dei proprietari, sembra una buona chance, ma la polizia locale lo stronca comunque sul nascere. Il risultato è una tetra carovana di una cinquantina di automobili, le quali - non essendo riuscite a raggiungere nessuno dei posti di riserva - vanno a finire su un pittoresco molo di pietra di fronte alla Manica. Il senso di frustrazione è schiacciante e io, mentre torno in macchina verso Londra, decido che non parteciperò mai più a rave Spiral. Sorprendentemente, il mio amico esce di nuovo alle 8 del mattino perché ha saputo che gli Spiral sono infine riusciti a mettere insieme un party gratuito, nonostante tutto; troverà un branco di crusty dagli occhi arrossati, completamente cotti, riuniti su una spiaggia intorno a un patetico impianto Tandy da hi-fi. A dire il vero partecipo a un altro party Spiral, nell'inverno '92. Il luogo del raduno è un deposito abbandonato della Inland Revenue, in un tetro quartiere della zona nord-ovest di Londra. È fanti-Castlemorton; completamente privo di quell'incanto da notte di mezza estate. La sala da ballo è sostanzialmente un hangar industriale, come quelli dei grandi rave commerciali, ma senza comodità: non ci si può sedere, non c'è niente da bere, non ci sono toilette (si piscia sul battiscopa di legno di una stanza adiacente), le luci sono scarse. Cinque mesi dopo Castlemorton, la musica sembra diventata più aspra; un gruppo di affiliati Spirar suona una serie di brani caratterizzati da un ritmo velocissimo, irreggimentato e metallico, impossibile da ballare, suoni che sembrano prodotti da cuscinetti a sfera che rotolano in una conduttura di calcestruzzo. Quando la grigia alba invernale filtra pallida e malata attraverso il lucernario, rivelando attorno a noi alcune vittime dell'abuso di Ecstasy seriamente sofferenti, siamo tutti d'accordo: è la fine di un'era.

Circonfusi dall'aureola luminosa procurata dal processo di Castlemorton, gli Spiral Tribe rimasero per un certo periodo al centro dell'attenzione dei media, pubblicando una serie di Ep come Breach the Peace e Forward the Revolution. Nell'impossibilità di agire in Gran Bretagna sul fronte dei party gratuiti, un'altra fazione dei Tribe - che aveva aspramente disapprovato l'accordo discografico con la Butterfly - si trasferì sul continente, dove la polizia tendeva ad essere più tollerante. Come altri sound system itineranti, gli Spiral percorsero l'Europa, portando il loro "teknival" - così lo chiamavano - in Italia, Austria, Repubblica Ceca, Ungheria e Francia. Qui gli Spiral Tribe furono i catalizzatori di una scena francese di party gratuiti ancora in formazione e ottennero il loro maggior trionfo nell'agosto '95, quando organizzarono un rave gratuito durato dodici giorni su una spiaggia dell'Atlantico nei pressi di Bayonne. La polizia non poté intervenire, perché l'area era di proprietà dell'esercito. A Bologna, dove la cultura delle occupazioni di case e la tradizione anarchica hanno radici profonde, gli Spiral si unirono ai compagni d'esilio Mutoid Waste Company per organizzare una serie di feste techno. A Berlino si procurarono un aeroplano da caccia Mig e altro armamentario dell'esercito ex-sovietico - simboli della "macchina da guerra nomade" degli Spiral, ma anche materiali utili per la loro strategia a lungo termine tendente a rendere i party più "competitivi" sotto il profilo visuale.

Seb e gli altri musicisti Spiral si stabilirono infine a Parigi, dove fondarono l'etichetta Network 23 e cominciarono a sfornare brani "intrippati" e velocissimi, a metà strada tra gabba e acid house. Dopo aver cercato, a prezzo di grandi sforzi, di rendere operativa una propria rete di distribuzione autonoma che coprisse tutta Europa, alla fine quelli di Network 23 si rassegnarono a firmare un contratto di distribuzione con una compagnia - un passo falso ideologico che irritò Harrison. All'epoca, peraltro, il guru aveva già lasciato ufficialmente il gruppo e mandava avanti una propria impresa, Stormcore, che vendeva vestiti e dischi.

Alla fine di un processo durato due anni e costato diversi milioni di sterline, le autorità di Malvern non riuscirono a far condannare nemmeno uno degli Spiral accusati. Ma il governo conservatore mise a punto un pacchetto di nuove leggi che garantivano che un evento della portata di Castlemorton non si sarebbe ripetuto. Oltre a contemplare una quantità di perniciose estensioni dei poteri della polizia (abolizione del diritto di non fare dichiarazioni, facoltà arbitraria di fermo e perquisizione), il Criminal Justice and Public Order Bìll era chiaramente diretto contro squatter, traveler, rave illegali e festival gratuiti. In base a una definizione di rave secondo la quale bastano un centinaio di persone che suonano musica amplificata, "caratterizzata dall'emissione di una successione di ritmi ripetitivi", per configurare l'evento incriminato, la legge attribuisce alle forze di polizia locali il potere discrezionale di sciogliere assembramenti di entità superiore alle dieci persone. Se un agente "ha ragione di ritenere" che quei dieci stanno per dare luogo a un rave, o semplicemente aspettando che ne cominci uno, può dare l'ordine di disperdersi; la mancata osservanza dell'ordine è un crimine punibile con tre mesi di reclusione o un'ammenda di 2.500 sterline. Inoltre, la polizia è autorizzata a fermare chiunque si aggiri nel raggio di un miglio dal punto del potenziale rave e a intimargli di non procedere oltre.

Erano pochi quelli che simpatizzavano con squatter e traveler e ancora meno quelli preparati a difenderli. L'opposizione laburista in Parlamento se ne lavò le mani temendo di perdere popolarità assumendo un atteggiamento troppo morbido verso il crimine. Toccò quindi a organizzazioni per i diritti civili come Liberty, a gruppi di difesa dei diritti degli squatter e all'Advance Party - un gruppo di pressione costituito dalla confederazione dei sound system itineranti - il compito di opporsi ai decreti con una serie di marce e manifestazioni di protesta nel centro di Londra. Ci furono anche dischi "di protesta": un Ep intitolato Repetitive Beats di Retribution (un "supergruppo" formato da autentici luminari delle piste da ballo che comprendeva membri di Drum Club, System 7 e Fun-Da-Mental) e l'Ep Anti, di Autechre; Flutter, il brano guida era programmato con ritmi deliberatamente irregolari, in modo da aggirare la clausola riguardante "l'emissione di una successione di ritmi ripetitivi". Entrambi i dischi erano un segnale dell'ingiustificato timore, ampiamente diffuso tra i ravers, che la stessa techno potesse essere dichiarata fuorilegge in ogni contesto, e non solamente ai party illegali. Sulla stessa linea di paranoia delirante e frustrato delirio di grandezza ("la nostra musica è una sfida ai potenti"), i teorici della cospirazione sostenevano che il CJB (Criminal Justice Bill) rappresentava la ricompensa del governo ai principali produttori di birra per i considerevoli contributi versati nelle casse del Partito Conservatore: un tentativo di soffocare la cultura dell'Ecstasy (all'interno della quale l'alcool era considerato demode) e di arrestare il calo dei profitti dei pub inducendo i giovani a bere di nuovo.

Ma a nulla valsero le campagne d'opinione, i dischi di protesta, le prese di coscienza e l'allarmismo alla "Grande Fratello". Il 3 novembre 1994, l'Atto di Giustizia Criminale e Ordine Pubblico diventò legge e il movimento dei "teknival" crusty-raver rimase sgomento in attesa delle misure repressive.

Eppure la scena non era morta. Un segmento di essa divenne ancora più underground, organizzando party più ridotti, che davano meno nell'occhio, col tacito consenso della polizia. Un'altra fazione operò in modo più manifesto, dando vita a "festi-club" provvisti di licenza, come il Whirl-Y Gig, il Club Dog e il Sativa. Il più significativo fu il Club Dog, che creò un milieu nel quale i ravers originari che frequentavano i party gratuiti si mescolavano a crusty part-time, a fan trance non allineati e a gente che si era convertita dal rock alla techno. Il Club Dog, attivo ogni venerdì al Sir George Robey in Finsbury Park, era stato in realtà il centro di aggregazione della scena hippy/punk proto-crusty di Londra (che il promoter Bob Dog definiva "Warriors of the New Age") fin dal 1988. Nei primi quattro anni della sua esistenza i punti fermi della colonna sonora del Club Dog erano stati acid rock, world music e il dub reggae dell'entourage On U Sound (Dub Syndicate, Suns of Arqua). Rispecchiando l'impatto della musica elettronica sulla scena dei festival gratuiti, Dog Club cominciò gradualmente a inserire esibizioni di techno dal vivo, tenute da gruppi come Orbital, Eat Static, Banco de Gaia, System 7 e Psykik Warriors of Gaia.

Poi fu la volta degli eventi a cadenza mensile Megadog, che ottenne un notevole successo di massa perché, ricreando un'atmosfera da concerto rock-rave-festival gratuito, costituivano un'alternativa legale, a pagamento ma a buon mercato, ai party gratuiti ormai messi fuorilegge e offrivano un rifugio all'accerchiata controcultura crusty. In seguito Megadog divenne itinerante assumendo la forma di Midi Circus (il cui nome era derivato dalla tecnologia Midi, che consente di coordinare campionatori e sequencer con musica suonata dal vivo e strumenti non digitali). In seguito nacque l'etichetta discografica Planet Dog che diede l’orma di genere distinto all'emergente sound crusty-techno: band come Optic Eye, Children of the Bong, Wizards of Twiddly, Loop Guru e Transglobal Underground. Nonostante l'abbondanza di umori "etnodeliei" (pulsazioni di didgeridoo, campionamenti di brani world music) la crusty-techno ha un'impronta "ultra-caucasica" e spesso richiama alla finente i Tangerine Dream, che da originari seguaci del trance rock si trasformarono in pionieri del synth.

Un'altra soluzione di compromesso per gli impulsi controculturali bloccati dal Criminal Justice Act, fu la Goa Trance, la cui aggregazione fu praticamente contemporanea a quella della scena Megadog. La scena prende il nome da uno stile techno che viene associato a Goa, regione della costa sud-orientale dell'India la cui estensione è all'incirca pari al doppio di quella di Londra. Goa è stata colonia portoghese fino al 1961, ma quasi immediatamente dopo che l'India ebbe ripreso possesso del territorio arrivò una nuova di invasori europei - hippy in cerca di un paradiso della droga in un posto nel quale con pochi dollari al giorno fosse possibile vivere da re e dove l'hashish costasse meno dei fiocchi d'avena.

Verso la fine degli anni Ottanta Goa si era trasformata in paradiso del ballo e della droga, anche se l'orientamento era più verso l'Lsd che l'Ecstasy. Inizialmente, la musica di quei party nella giungla e dei rave sulla spiaggia non era acid house, ma Eurobeat, electro-pop e il genere gay HiN RG - Front 242, Skinny Puppy, Yello, i mixaggi dub di tracce dei New Order e Per Shop Boys cui era stata tolta la parte vocale. Acid house e trance techno conquistarono Goa negli anni Novanta; la regione divenne rapidamente commercializzata e fu invasa da turisti-ravers alla ricerca non tanto di un'esperienza trascendentale quanto di una nuova Ibiza.

A quel punto i "crani", quelli impegnati in una seria ricerca spirituale, si ritirarono atterriti, abbandonando le spiagge più famose di Goa - Anjuna, Vagator, Arambol - per località più remote dell'India o si rifugiarono in Tailandia, dove i rave sono chiamati "frenzies". Contemporaneamente le "vibrazioni" provenienti da Goa, stavano penetrando in Europa, in forma di specifico sound post-rave.

Durante la prima esplosione del rave nel Regno Unito, la voga Balearic rappresentava il tentativo dei britannici tornati in patria dopo le vacanze di prolungare le piacevoli sensazioni provate a Ibiza. Analogamente, la Goa Trance può essere considerata un omaggio a un luogo che, anche agli occhi di coloro che non ci sono mai stati, appare come una sorta di paradiso in terra. "Goa' simboleggia la chimera di prendersi una vacanza permanente dalla realtà ordinaria. Non è un caso che sia Ibiza che Goa, durante gli anni Sessanta, siano state méta di pellegrinaggio da parte degli hippy. Il mito di Goa, anche se il luogo era stato ormai completamente saccheggiato dai turisti, circolava come una presenza virale, "virtuale", per tutto il mondo occidentale. Da Londra a Tel Aviv, club di orientamento Goa Trance offrivano la versione tascabile di quell'esperienza.

Verso il 1996, il genere Goa Trance era esploso a livello di massa grazie all'attenzione riservatagli dai media e al sorgere di etichette come Dragonfly, Flying Rhino, TIP e Blue Room Released e di gruppi come Man with No Name, Hallucinogen, Green Noons of the Revolution e Prana. A livello di droghe, la scena era orientata più verso l'acido che verso l'Ecstasy - come del resto avveniva effettivamente a Goa - e pare che l'Lsd fosse insolitamente puro e potente. Appropriatamente, la scenografia di eventi Goa Trance come Return io the Source è basata su elementi psicotropi (con grande uso di materiali fluorescenti, riflettenti e fosforescenti) e la musica è ricca di ornamenti e visualità, piena di refrain arpeggiati di synth e di vortici sonori in forma di Mandala. Immaginate una musica New Age alla quale venga aggiunta una pulsazione ritmica metronomica, l'Eurodisco di un Giorgio Moroder imbevuto di suggestioni orientaleggianti e spinta da un anelito di trascendenza, piuttosto che dal rapimento porno-utopico in stile Donna Summer. In un'intervista rilasciata alla rivista DJ,, Goa GA - uno dei maghi della consolle più affermati nel genere trance - parlava di trasmettere «ai giovani che vivono nella moderna Babilonia» (l'Occidente capitalistico e consumistico) «una accezione superiore» del concetto di danza, intesa come «meditazione attiva». Dal punto di vista sonoro, nonostante il culto del misticismo orientale, la Goa Trance è "più-bianca-del-bianco". Tutta la creatività è concentrata nella melodia e nell'intarsio e ben poca attenzione viene riservata alla sezione ritmica.

La scena Goa Trance è una sorta di versione sterilizzata e commerciale della techno crusty, senza quel tocco di trasandata eleganza attribuitole dalla povertà. Sia la cultura "teknival" di Megadog che la Goa Trance hanno una funzione simile - sono un surrogato urbano dei festival e dei party gratuiti dell'era pre-Criminal Justice Act, dei tentativi di far rivivere l'epoca d'oro in spazi fatalmente più ristretti. Perché i bei tempi erano sicuramente lontani, ma i party gratuiti continuavano ad avere luogo su scala molto ridotta, spesso in posti desolati e poco attraenti del centro città, agli antipodi con l'incanto pastorale di quelli che si erano svolti nel cuore dell'Inghilterra. Sound system come Disorganization, Liberator, Silverfish, Immersion, Virus, Desert Storm e Turbo Unit perseveravano, nonostante le molestie poliziesche.

Forse il sound system più duraturo - e sicuramente quello più perseguitato fu quello gestito dal collettivo Exodus, con base a Luton. Nel 1993, l'arresto dei leader dell'Exodus, tendente ad impedire lo svolgimento di un rave, provocò una manifestazione di protesta di tremila persone davanti alla stazione di polizia. Questo fervente appoggio era conseguenza della notorietà che i componenti del gruppo s'erano procurata col loro attivismo sociale - ne è un esempio la loro lunga lotta per creare un centro sociale per i giovani locali - e coi party organizzati in fattorie abbandonate. Exodus fondò anche una sorta di "comune degli squatter", situata in un ospizio per anziani abbandonato: era chiamata HAZ Manor (HAZ sta per Housing Action Zone e fa l'occhiolino alla TAZ di Hakim Bey). Lo stesso nome Exodus è un omaggio a Bob Marley e riattiva il sogno punk di una "etnicità bianca" che si ponga come equivalente del movimento Rasta: bohémien britannici, una tribù perduta di esuli in patria, stanziati in una Babilonia che muore di noia.

La nuova generazione di sound system post-CJA seguiva il precetto "piccolo è bello". Scegliendo accuratamente posti isolati e restringendo la portata degli eventi col ripristino del passa-parola, collettivi come Smokescreen, Krunch, Quadrant e Elemental riuscivano a effettuare micro-rave in località di campagna, semplicemente perché interrompere un party già in svolgimento comportava troppi problemi per i contingenti locali di polizia. Il mantenimento di un'attività di basso profilo, sicuramente non permette di mettere a segno vittorie trionfali contro "Babilonia" della portata di Castlemorton, ma s'inserisce in una strategia sonora a lungo termine, che mantiene in vita quella scena dei party gratuiti che costituisce l'unica alternativa al sempre più commercializzato e dispendioso ambiente dei club mainstream.

L'unico tentativo, in anni recenti, di realizzare un successo trionfale delle dimensioni di Castlemorton finì in un'umiliante disfatta. Nell'estate '95, meno di un anno dopo l'approvazione del Criminal Justice and Public Order Act, un gruppo chiamato United Systems cercò di mettere in piedi il più grande rave gratuito dopo Castlemorton.

Quelli di United Systems, una propaggine scissionista dell'Advance Party, per contestare il CJA credevano più nell'azione diretta che nelle campagne d'opinione: "Solo i party liberi possono salvare i party liberi". Il megarave fu chiamato Mother, nome che echeggiava il misticismo "terra-technic" basato sul culto di Gaia degli Spiral Tibe. Il posto era un parco dei divertimenti fallito di nome Corby Wonderworld, nel Northhamptonshire, mentre un party parallelo veniva organizzato nel campo di aviazione di Smeatharpe a Devon. Ma alcune informazioni sul rave trapelarono via internet col risultato che entrambi i megarave furono intercettati con posti di blocco e i poliziotti, giovandosi dei poteri recentemente concessi dal CJA, compirono arresti e sequestrarono attrezzature audio. Alcuni minirave si svolsero comunque a Sleaford, sulla spiaggia di Steart e a Grafham Waters, nei pressi di Cambridge.

In tono provocatorio, nonostante la sconfitta subita, quelli di United Systems dichiararono: «Siamo bastardi, indomiti, impavidi e rimaniamo fedeli alla nostra causa. Possono aver messo le zampe su Mother, ma non hanno potuto impedire che durante il week-end ci fossero ragazzi in giro per tutto il paese. Ogni esperienza porta un insegnamento e c'è sempre una prossima volta - non abbiamo nessuna intenzione di mollare' . Nel corso dello stesso anno United Systems aprì nel cuore di Londra un club dotato di licenza, il DMZ, allo scopo di costituire un "fondo militante" per la difesa degli otto componenti del gruppo finiti sotto pro cesso per Mother. Tutto, al DMZ, dall'arredamento mimetico alla linea musicale (gabba e hard acid, ovvero i sound militanti espressione della rabbia post-CJA) suggeriva "una preparazione allo scontro" mi disse uno degli organizzatori. «DMZ sta per Zona Demilitarizzata. Il che implica che tutto il resto del mondo è una zona di guerra».